venerdì 28 marzo 2014

LA MOSSA DEL PINGUINO

Non è un film su uno sport che non conoscete bene, non lasciatevi fuorviare. E’ un film che parla di agonismo, di sfide, di riscatto, di amicizia e di una mossa in particolare, che acquisterà significato solo alla fine della pellicola. E’ la storia di un sogno, quel sogno che ognuno di noi tiene chiuso in un cassetto, per paura che prenda corpo e voce e ci faccia buttare tutto all’aria.
Il protagonista è Bruno, marito e padre affettuoso ma totalmente inaffidabile e un po’ sconclusionato. Passa le notti a pulire i pavimenti di un museo romano con lo scopettone, insieme all'amico di sempre Salvatore (Ricky Memphis), sognando un futuro diverso da quello che per lui “è già deciso”.
Un servizio televisivo sul curling, disciplina sportiva forse non troppo lontana da quel lavoro notturno e non molto nota al grande pubblico, scatena l'immaginazione dei due amici, che decidono di candidarsi addirittura alle olimpiadi. E poiché la squadra di curling deve essere formata da quattro atleti, ecco qui che vengono reclutati altri due improbabili candidati: l'ex vigile Ottavio, abilissimo e diffidente giocatore di bocce, e il simpatico mago del biliardo Neno. Inutile dire che Eva, la moglie di Bruno, non sarà affatto d'accordo sul progetto e il ‘nostro eroe' rischierà di perdere molto. La mossa del pinguino, film scritto da Claudio Amendola ed Edoardo Leo (che interpreta il ruolo di Bruno) e diretta dallo stesso Amendola, fa leva proprio sui punti di forza di una certa romanità pulita e corale che ci piace tanto: un cast affiatato, su cui troneggiano Ennio Fantastichini e Antonello Fassari, ma anche il piccolo Damiano De Laurentiis nei panni di Yuri, il figlio di Bruno. Un occhio sempre attento alla realtà, evidente anche nei dettagli di scenografia e costumi. Per certi versi, anche un film di genere, che strizza l’occhio alle "imprese sportive improbabili", ma ricorda anche i disoccupati spogliarellisti di Full Monty. La formula è limpida e modesta, ma fatti di dialoghi ispirati e profondi, come quello sulla "biglia che va tenuta come un passerotto", e alcuni particolari della regia, come i primi piani dell'uovo al tegamino, manifestano grande attenzione per le cose semplici della vita. Senza grandi pretese, questi quattro personaggi non ancora rassegnati al fallimento e alla solitudine, si fanno volere bene e strappano più di qualche sorriso. L’armata Brancaleone dei ghiacci ci prende il cuore e ci restituisce tanto: d’altro canto “non si può passare la vita a sbocciare, qualche volta bisogna accostare”.

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