venerdì 14 marzo 2014

SNOWPIERCER

Tratto dal fumetto francese Le Transperceneige e girato con un cast internazionale (John Hurt, Chris Evans, Jamie Bell), Snowpiercer è stato definito la miglior sci-fi (science fiction) dai tempi di Matrix, anche se a mio avviso si colloca meglio come ibrido, a metà strada tra un action movie e un genere pulp: è qualcosa di nuovo, di diverso, che non ti aspetti. Forse perché è coreano. Siamo di fronte all’ennesima era Glaciale sulla Terra e fin qui nulla di nuovo. Gli ultimi sopravvissuti del genere umano, questa volta però, vivono confinati in un treno rompighiaccio in grado di percorrere senza interruzione il globo terrestre. L'inventore di questa macchina perfetta, tale Wilford (Ed Harris) ha anche determinato un sistema sociale su cui si regge l'equilibrio della comunità che abita i vagoni del treno: in coda stanno i miserabili sfruttati, e in testa vivono invece passeggeri di prima classe, i privilegiati; ma la rivolta degli oppressi dalla coda del treno si farà sempre più forte e il loro leader, Curtis, tenterà di prendere in mano la situazione, arrivando della testa del convoglio. Questa pellicola, una delle più attese degli ultimi anni dagli amanti del cinema di genere, è il più costoso film mai prodotto in Corea, e il caso raro di un'opera d'autore di un regista di grande talento Bong Joon-ho, che è stato capace di tenersi in equilibrio tra cinema popolare e rilettura critica. Quali che siano gli esiti del botteghino, Bong ha portato sullo schermo il "suo" classico di fantascienza, che non è solo un'efficace opera di intrattenimento ma anche una profonda riflessione filosofica sulla natura dell'uomo e le sorti dell'umanità: cupa e inquietante a tratti, disperata e combattente in altri, ma anche aperta, nel finale, ad un insospettabile raggio di speranza. È una proiezione plausibile del nostro futuro: racconta, estremizzandole, le conseguenze del degrado ambientale e climatico. Nel treno-mondo di Bong, costruito tra scenografie geniali e intriso di oscurità e luci cangianti (magistrale la fotografia), si riflette inevitabilmente la prospettiva non-occidentale dell'autore e un cast più che all’altezza della situazione. E quindi, a fianco di un intenso e tenebroso Chris Evans (praticamente irriconoscibile, avete presente il bel captain America?), Jamie Bell e John Hurt e un'inespugnabile Tilda Swinton, che troneggia su tutti, crudele e bruttissima. Non è facile descrivere Snowpiercer, perché la sua natura di pellicola orientale viene fuori con una tale frequenza da renderlo totalmente anti-hollywoodiano: a tratti è grottesco, poi diventa super violento, poi di nuovo grottesco. Ti aspetti un certo sviluppo, e invece ne arriva un altro, imprevedibile: viaggia, letteralmente, su un paio di binari, ma non sai fino alla fine che direzione vuole prendere, e questo mantiene viva l'attenzione e ti incolla allo schermo, con un senso di angoscia e di terrore che non ti abbandonano mai. Di dormire non se ne parla proprio, ne durante il film né tantomeno dopo. Il film di Bong Joon-ho è proprio come il convoglio di cui parla: fatto di vagoni diversi e tenuti insieme non si sa bene come e per andare dove, e sempre a un passo dalla catastrofe. Eppure va avanti. Un po’ come fa l’umanità ogni giorno.

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