mercoledì 28 maggio 2014

LE MERAVIGLIE

Ho dovuto metabolizzare la visione di questo film prima di scriverne la recensione, perché è un genere difficilmente collocabile: sembra un’antica favola pastorale di ispirazione neorealista e nello stesso tempo un film moderno, con un delicato ritratto sull’adolescenza. Sono in ogni caso fiera che questa pellicola abbia ricevuto dei riconoscimenti: “Le Meraviglie”, di Alice Rohrwacher (sorella di Alba, che ritroviamo nel film) ha vinto il prestigioso “Gran Prix” (il secondo premio, dopo la Palma d'oro) alla 67esima edizione del Festival del Cinema di Cannes ed è stato l’unico film italiano in concorso. Probabilmente ad aver conquistato la giuria è stata l’attenzione per la natura, per la vita rurale e i suoi valori, che la regista ha saputo raccontare con estrema raffinatezza e sensibilità, nonostante i suoi giovanissimi 33 anni.
Siamo presumibilmente nella campagna della Tuscia degli anni '90, a casa di una coppia di apicoltori con quattro figlie femmine. La maggiore, ha il nome di un fiore, Gelsomina, ed è amica delle api mellifere che tratta come piccoli animaletti domestici. Durante un'estate di duro lavoro, appare una fata dalle lunghe trecce biondo platino, Milly Catena (una conturbante Monica Bellucci relegata in una parte minore), conduttrice di uno show televisivo che invita la gente del posto ad un concorso che premierà la migliore azienda di prodotti locali. Gelsomina sarà molto colpita e affascinata da questa donna e attraverso i suoi occhi vivremo la diversità di una comunità 'dissidente' che si è ritirata in una dimensione bucolica e produce miele e salse di pomodoro, nella speranza di resistere al mondo “fuori”. Un mondo che prende la parola e il microfono per mezzo della televisione regionale, che promette di fare ‘meraviglie’ per i residenti. Wolfgang, restio a qualsiasi forma di socialità e apertura al mondo esterno, è un personaggio determinante, un padre perennemente arrabbiato: la sua presenza severa e cruda è a tratti angosciante. Eppure è un padre che ama le sue figlie e soprattutto Gelsomina, la primogenita, che per certi versi è il capo-famiglia. A lei trasmette i segreti dell'apicultura, da lei si fa togliere i pungiglioni dalla schiena, ma quando arriva Martin, un ragazzino protagonista di un programma di rieducazione che entra di prepotenza nella loro vita, l'equilibrio sembra rompersi. Delicato e sensibile, lo sguardo di Alice Rohrwacher si infila nella relazione padre-figlia, realizzando una nuova cronaca dell'adolescenza. Il talento dell'autrice, rivelato nel suo primo lungometraggio, si riconferma dentro un paesaggio rurale che esalta la sua vocazione documentaristica.
Le Meraviglie è un film dai forti connotati autobiografici: nata da madre italiana e da padre tedesco, la Rohrwacher è cresciuta a Castel Giorgio, in provincia di Terni, terra di origine della madre e luogo di lavoro del padre Reinhard, apicoltore transumante e conduttore di un agriturismo. E’ quindi un film lontano da logiche commerciali, visionario ed enigmatico, una storia di formazione ermetica, ma con il sottofondo delle note di T’appartengo di Ambra, forse l’unico appeal di natura ‘commerciale’, in cui le bambine-attrici (meravigliosamente brave) ci regalano prova di grande intensità e capacità attoriali. La Rohrwacher ha comunque fatto una scelta audace, raccontando del rapporto sempre difficile fra un padre e una figlia quasi adolescente, fra il conservatorismo rabbioso di Wolfgang e la spinta gioiosa a vivere il futuro di Gelsomina, ma anche di un Italia che non c’è più, un piccolo mondo antico fatto dal sudore dei campi e dal contatto diretto con la natura. La mancanza di un vero e proprio filo conduttore logico, con sequenze conclusive un po’ incompiute, penalizza una pellicola già di per sé molto rischiosa, dove spesso il ritmo si affievolisce dinanzi alla routine contadina di un casale, in una dimensione grigia senza tempo.
Vorrei regalarvi un affresco maggiormente “denso” di questo film, ma la nostalgia verso l’adolescenza è una dimensione che sembra lontanissima e ingabbiata in un contesto monocolore. Così realistico e spoglio di sovrastrutture da apparire, con estremo dispiacere, poco empatico e vibrante, nonostante il richiamo ai tormentati anni della gioventù, che sono soliti regalare qualche emozione in più. Comunque un esperimento coraggioso.

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